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Ricordi di guerra vissuti in prima persona 
Il campo "Balilla" 
 
 
 
Luigi Parolo racconta la sua esperienza vissuta a quei tempi. 
Durante il periodo fascista si organizzava, tra il 1936 ed il 1939, antecedente alla seconda guerra mondiale, a Casorate si organizzavano i campi Balilla per i ragazzi delle scuole elementari (erano in pratica delle esercitazioni militari). 
Il campo veniva piazzato alla casa dei cacciatori (vedi foto della casetta al capitolo:  
Toponomastica  paragrafo: "Ca' di caciadúr"), l'addestramento durava 40 giorni nel periodo estivo, quando i ragazzi delle scuole erano disponibili. Il comandante aveva il grado di "centurione" (denominazione fascista), era un maestro delle scuole elementari di Casorate. Tutto funzionava come in una caserma vera, dalla "sveglia" con la tromba al mattino presto, al "rancio" (pasto) di mezzogiorno e sera, a delle vere e proprie lezioni sul comportamento militare; dalla guardia all'ingresso (per entrare occorreva la parola d'ordine), la marcia e le istruzioni sull'uso delle armi vere e di combattimento, si organizzavano con squadre antagoniste simulazioni di attacchi e difesa, tutto come se fosse una vera battaglia. Al termine della giornata, tutti a nanna al suono della tromba con il "il silenzio" (quello di Nini Rosso per intenderci). 
Alla domenica, marciando tutti in riga ben allineati, il centurione li accompagnava in chiesa per la Messa, al Sanctus (elevazione dell'ostia consacrata) facevano il "presentat arm" (presentare le armi in segno d'onore). Tutto questo ai ragazzi piaceva molto, forse perché lo ritenevano un gioco, sta di fatto che se non altro eravamo abituati al rispetto, all'ordine, all'obbedienza. 
Forse per qualcuno dei nostri ragazzi sarebbe utile ancora oggi…. 
 
 
I Tedeschi a Casorate  
 
Durante la seconda guerra mondiale 1940-45, Mussolini venne rimosso dall'incarico per ordine del re e arrestato. Il nuovo Governo del maresciallo Pietro Badoglio sciolse il Partito fascista e firmò in segreto l'armistizio il 3 settembre 1943 a Cassibile. La notizia dell'armistizio fu nota solo l'8 settembre '43. Molte truppe italiane abbandonate a se stesse furono disarmate e fatte prigioniere dai tedeschi.  
Eccone alcune notizie su quello che successe a Casorate. 
Erano i primi di settembre 1943 (circa il 10); le scuole elementari di Casorate, in Via E. De Amicis (ex Strada Consorziale detta di Laja), erano occupate da un presidio militare dell'esercito Italiano (con soldati in maggioranza di leva del 1924), mentre i ragazzi delle scuole continuavano gli studi in alcuni locali di privati sparsi in paese. 
Ad un tratto si fermò davanti alla scuola una camionetta con tre o quattro militari tedeschi, tra cui un sott'ufficiale, il quale ordinò al comandante del presidio italiano di consegnargli la pistola; poi chiamò tramite la radio ricetrasmittente della sua camionetta, un camion tedesco, ordinò a tutti i soldati italiani (quelli rimasti perché parecchi erano già fuggiti, alcuni si erano nascosti nelle case della periferia, noi li chiamavamo "sfollati") di consegnare le armi e di caricarle sul camion, poi i tedeschi ripartirono. I soldati rimasti nel presidio furono sollecitati da anziani del paese perché tornassero a casa loro (fornendoli di vecchi abiti borghesi). Il giorno dopo, vennero i carabinieri che portarono via i cavalli con tutti i loro finimenti e i cannoni che c'erano nel cortile della scuola. Subito dopo arrivarono una sessantina di soldati tedeschi con i loro comandanti che occuparono di fatto la scuola elementare e alcune delle ville più belle di Casorate. La villa Bagatti di Via Trieste (ex Strada Provinciale del Sempione) era occupata da un gruppo di ufficiali e qualche soldato, mentre nella villa Cattoretti di Via Milano (ex Strada per Gallarate poi Viale alla Stazione "ora casa Rotolo") fu creato "un autocentro", i camion erano posteggiati dove sorgeva un campo da tennis. Il comando tedesco di zona s'istallò nella villa Chiaravalle, tra di loro qualcuno faceva da interprete, mentre nel capannone dietro la villa funzionava un'autofficina per riparazioni varie, altri due distaccamenti furono posti uno alla Villa Ughetta di Via Trieste (ex Strada Provinciale del Sempione), e l'altro nella casa dei Salmini, l'ultima casa sul Sempione a sinistra andando a Somma, dove si vede una scalinata in cemento.  
Tramite la propria organizzazione paramilitare "Todt", nel novembre 1943 iniziarono a far costruire le piste sterrate e in cemento: la pìsta di Tedèsch (la pista dei Tedeschi zona fattoria della valle), larghe 16 metri, per collegare l'aeroporto ai paraschegge di decentramento degli aerei, ne furono costruite con terreno di riporto ben 39. Fu inoltre realizzata una grande "pista di lancio" cementata, lunga all'incirca 2.500 metri e larga 60 metri, affiancata sui lati da 30 metri di radura. Era orientata da est ad ovest, con decolli previsti sulla valle del Ticino e atterraggi da ovest. I lavoratori avevano diritto al vitto e cinque sigarette al giorno e corrispondevano loro la decade, di entità uguale a quella pagata ai soldati. Ogni lavoratore disponeva di uno speciale lasciapassare, che valeva anche come "esonero dal servizio militare". La pista (ancora oggi in parte visibile), venne costruita da volontari, che pur di non andare in guerra si offrirono per la costruzione della stessa che includeva  i paraschegge, le vasche antincendio e i camminamenti sulla costa del Ticino;  tutto il lavoro comprendeva anche lo spostamento di montagne di terra e veniva fatto con la carriola, picco e pala. L'intenzione dei tedeschi era di costruire una pista per far volare i loro aerei e metterli a riparo fra i paraschegge in caso di attacco del nemico, mentre sulla pista lasciavano in vista quelli di legno. Il collegamento fra i comandi militari tedeschi e la "pista" in costruzione avveniva tramite una linea telefonica sospesa su pali. Un giorno qualcuno tagliò il cavo; furono subito chiamate a rapporto le massime autorità di Casorate, e dopo una lunga trattativa si arrivò ad un accordo che evitò il peggio (si parlava di fucilazioni): misero a guardia del cavo, giorno e notte, a una cinquantina di metri uno dall'altro tutti i Casoratesi dai diciotto anni in su, esclusi solo il Podestà, il Parroco (ma non il coadiutore) e qualche altro; poco dopo risolsero il problema pagando due persone incaricate per la sorveglianza. Lungo la pista, su entrambi i lati, furono scavate delle buche ogni 15 metri, nelle quali erano inserite tre mine senza detonatore, pronte, in caso di ritirata, a far saltare la pista. In realtà fu soltanto un progetto poiché non vi decollò mai nessun aereo. 
La pista (ancora oggi in parte visibile), venne costruita da volontari, che pur di non andare in guerra si offrirono per la costruzione della stessa che includeva  i paraschegge, le vasche antincendio e i camminamenti sulla costa del Ticino;  tutto il lavoro comprendeva anche lo spostamento di montagne di terra e veniva fatto con la carriola, picco e pala. L'intenzione dei tedeschi era di costruire una pista per far volare i loro aerei e metterli a riparo fra i paraschegge in caso di attacco del nemico, mentre sulla pista lasciavano in vista quelli di legno.  
Il collegamento fra i comandi militari tedeschi e la "pista" in costruzione avveniva tramite una linea telefonica sospesa su pali. Un giorno qualcuno tagliò il cavo; furono subito chiamate a rapporto le massime autorità di Casorate, e dopo una lunga trattativa si arrivò ad un accordo che evitò il peggio (si parlava di fucilazioni): misero a guardia del cavo, giorno e notte, a una cinquantina di metri uno dall'altro tutti i Casoratesi dai diciotto anni in su, esclusi solo il Podestà, il Parroco (ma non il coadiutore) e qualche altro; poco dopo risolsero il problema pagando due persone incaricate per la sorveglianza.  
Lungo la pista, su entrambi i lati, furono scavate delle buche ogni 15 metri, nelle quali erano inserite tre mine senza detonatore, pronte, in caso di ritirata, a far saltare la pista. In realtà fu soltanto un progetto poiché non vi decollò mai nessun aereo. 
Il signor Luigi ricorda ancora oggi che durante il periodo d'occupazione dei militari tedeschi, verso le 20.30, si recavano tutti al cinema di allora ODEON (vedi in Toponomastica alla voce Cinema vecc), cantando e marciando inquadrati per tre. Questo accadeva quando non c'erano allarmi o bombardamenti, due o tre volte la settimana.   
Dopo il 25 aprile 1945 (giorno della liberazione), i tedeschi abbandonarono la "pista" senza avere il tempo di farla saltare e vi lasciarono tutto il materiale presente su di essa; alcuni di loro fuggirono e altri vennero fatti prigionieri. Tutto quel ben di Dio fu così a disposizione, e qualcuno iniziò a recuperare le bombe del peso di 80 kg ciascuna per ricavarne il tritolo "ad uso domestico". Il primo che osò recuperare quelle bombe fu il signor Luigi P. con l'aiuto di tre suoi amici, perché erano molto pesanti e bisognava manovrarle con cura.  
«La tecnica era semplice», spiega il signor Luigi che ne recuperò una trentina. «Consisteva nello smontare la bomba, con chiavi appropriate e anche l'uso del martello, vendere la parte in acciaio alle fonderie (che usavano come crogiolo per fondere l'alluminio) ed estrarre il tritolo (circa 20 kg) che serviva per far saltare i ceppi (sciüch). Per far questo occorrevano i detonatori che venivano recuperati nel deposito per la raccolta del materiale bellico di tutta la Lombardia, presso l'aeroporto della vecchia Malpensa. 
I ceppi venivano quindi caricati su di un carro e, dato che erano pesanti, si lavorava in società. A casa li accatastavamo e, raggiunto un bel quantitativo, li vendevamo alle tintorie di Gallarate, che li utilizzavano per le loro grosse caldaie. In quel periodo era infatti difficile reperire  legna da ardere. 
Il tritolo che avanzava lo vendevamo ad amici e conoscenti e dividevamo il ricavato tra noi quattro, poi andavamo a mangiarci qualche salamino e a bere "qualche" bicchierino alla «Ratéra». 
Fu così che tra un bicchiere e l'altro raccontarono come si procuravano il tritolo, qualcuno provò ad imitarli, ma qualcosa andò storto e successe una tragedia.  
Era l'estate del 1945, al "Borgo" di Via Roma (ex Strada Comunale per S. Ilario) ora chiamato Borgo  S. Ilario . Due persone, un ragazzo (Ballabio GianLuigi) classe 1922 e un padre di famiglia (Zoni Luigi) stavano smontando una bomba (era uso comune) ma ad un tratto scoppiò: i due morirono sul colpo. La notizia fece molto scalpore in paese, al punto che qualcuno spaventato del fatto si "liberò" del materiale pericoloso. Un tale Bruno V. (ancora vivente), preso dallo spavento, si procurò un carro e si liberò delle bombe in suo possesso gettandole nella "Peschiéra" (era un piccolo stagno in zona "Masnaga" dietro Villa Martinez). Dopo alcuni mesi il signor Bruno V. confidò al signor Luigi di essersi disfatto di due grosse bombe e gli disse anche il posto dove giacevano; per il signor Luigi fu una notizia interessante, dato che aveva avuto una richiesta di tritolo per far saltare i pilastri del vecchio ponte di Sesto Calende per ricostruire il nuovo. Contattò immediatamente un suo "collaboratore speciale": bisognava rimanere sott'acqua in apnea per qualche minuto, il tempo per legare le bombe per poi trascinarle in superficie. I due andarono con il carro presso lo stagno della "Peschiéra", si spogliarono (nudi) anche se era il mese di gennaio, si tuffarono e in apnea legarono le bombe; una per volta le recuperarono, e dopo averle smontate ne ricavarono il tritolo che poi servì per far saltare i pilastri. Dopo questa avventura le cose si normalizzarono pian piano, oramai la guerra era terminata da circa 9 mesi e certe imprese non venivano più tollerate dalle forze dell'ordine. 
 
 
Racconti del tempo di guerra 1940/45 del sig. Luigi Parolo (il "temerario") 
 
Dall'abbattimento di una aereo francese, avevo recuperato il tritolo che era contenuto nelle bombe inesplose, lo mettevo nei secchi che usavano al tempo i muratori, quelli di ferro (all'epoca non c'era ancora la plastica), li appendevo sul fuoco del camino riscaldando il tritolo per farlo sciogliere per poi colarlo nelle lattine vuote della salsa o dell'olio sasso. Si praticava un foro dal Ø 8 mm nelle lattine per inserire il detonatore "recuperati" dalle bombe a mano Tedesche, quelle con il manico di legno (La Stielhandgranate Modell 24), nel detonatore s'inseriva la miccia lunga 6/7/8 cm, l'accensione viaggiava alla velocità di 1 cm al secondo, si tagliava più corta possibile per consumarne meno possibile perchè non era di facile "reperibilità", calcolando sempre la distanza per un riparo sicuro lontano dalla scoppio, questa mina veniva messa possibilmente sotto il ceppo di grosse piante già tagliate scavando nel terreno per farlo saltare fuori  dalla terra. Quando si esagerava con troppa carica, il ceppo saltava per aria anche oltre 20 mt. 
Queste mine artigianali le usavamo nei boschi di Casorate per far saltare i ceppi degli alberi già tagliati alla base, dopo averli caricati sui carri trainati dal cavallo li consegnavamo ai candeggi di Gallarate per guadagnare qualche soldo. Data la mancanza di cibo durante il periodo di guerra, usavamo le nostre "mine" per "pescare" di notte nel lago di Corgeno.  
 
           Documenti che riguardano la quantità del cibo consentito per persona              
 
                      Carta annonaria individuale per generi alimentari     Invito a consegnare il granoturco in "eccedenza" 
 
 
Bolletta di macinazione cereali controllata  
In tempo di guerra, fra le altre tessere annonarie vi era quella del pane con la razione giornaliera spettante "at personam", ai contadini che facevano il pane in proprio (nel proprio forno a legna), non veniva consegnata perché quando portavano il grano alla trebbiatrice vi era un funzionario "dell'annona" che pesava il grano trebbiato, in base a questo calcolava il fabbisogno famigliare. Per "aggirare" a questa "ingiustizia" tutti i contadini che erano obbligati a portare il proprio grano per la trebbiatura "controllata", prima di caricare i covoni di grano sul carro per portarli alla trebbiatrice, li battevano contro il muro facendone cadere una certa quantità, questa "operazione aggiramento" era fatta naturalmente in "nero" perché non veniva pesato e conteggiato al fabbisogno famigliare, avendolo così a disposizione per eventuale vendita o per uso personale. 
 
Questi raccondi sono di Luigi Parolo che li ha vissuti in prima persona.  
I documenti originali dell'epoca sono gentilmente forniti da Pierluigi Milani (grazie per il vostro contributo)                                                                                         
 
 
I ricordi di un ragazzo di quei tempi Carlo Antonio Bertolo 
.    
 
 
 
 
 
A Casorate 
Fra l 'afosa brughiera, 
Nell 'ombra silenziosa delle selve, 
Sorgi mia parva terra, 
Con le tue ville prealpine, 
Piccoli templi solitari, 
Sparse sui colli, 
Ridenti fra i recinti, ove 
Brucano e scorazzano i puledri 
Nel quieto azzurro meriggio lombardo. 
Oh se m 'è dolce il contemplarti a sera 
Dalla superba chiesa dell 'Assunta  
Al Sant 'Ilario tacito d 'avelli! 
Dalla turrita Lona 
Alla Masnaga antica, quando 
Fra i perlacei bagliori 
Delle nubi schiumanti, 
Ninfa silvagna, al tramonto 
Ti vezzeggi ai galoppi sfrenati 
D 'irrequieti corsieri.... 
Non più virginea driade 
Mesci e confondi al rombante progresso 
Quello che il tempo obliò nel passare. 
E ancor se grama 
Per te io vivo la mia giovinezza, 
Idra tartarea, 
Sempre a me caro ritorna il tuo nome 
Ove fra eriche ed abeti l 'eco 
Mi molse un dì della cetra febea 
E m 'ebbriava il canto delle Muse. 
Poi, quando mi mesceranno a te, 
Matrigna terra, 
A te io lascio il vanto 
O il giusto oblio. 
                  Carlo Bertolo  1956  
 
 
 
 
Ricordi della prima guerra mondiale 1915/1918 
 
Durante la prima guerra mondiale, nel salone dell'oratorio vecchio (già cinema teatro), erano ospitati prigionieri Slovacchi (soldati di Ceco Beppe imperatore), per passatempo cantavano in coro "lamureasc casc casc lamureoci ti set unaribus ti set unoribus", i nostri nonni mentre ci cullavano sulle ginocchia, ci canticchiavano questo a mo di nenia. 
Una signorina di Casorate si è sposata con uno di questi militari e finita la guerra si è trasferita in Cecoslovacchia, ha formato famiglia con figli. 
 
Dai ricordi del signor Luigi Parolo classe 1928     
 
 
 
 
 
 
 
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